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Fango, luce, incontri: fotografare gli acquatici

Quando la fatica non conta, conta esserci

Fotografare uccelli acquatici e limicoli è una delle esperienze più avvolgenti nel genere della fotografia di avifauna. Anche una delle più defatiganti, senza dubbio. E come sempre, nella naturalistica, anche a rischio di imbiancata. Quella di non portare foto a casa quando esco per fotografare è una eventualità che non escludo mai. Anche se aver previsto il rischio riduce solo di poco la frustrazione! Non mi pesa mai dover lavorare per gli appostamenti, per studiare e migliorare i set, per capire luci, trovare soggetti… anzi, in genere ci trovo il gusto della scoperta, ma anche quello dell’esercizio mentale al problem solving.

Quando invece la tutte le variabili ambientali, di luce, di tempo e di spazio, collimano e poi il soggetto per qualche altra variabile impazzita non è dove dovrebbe… e lo scatto lo figuri in mente, stai per fare click ma al vuoto, un certo senso di sconfitta lo senti. Succede però, spesso, che proprio nel momento del massimo avvilimento, quando avresti voglia di smontare tutto e lasciare anche quella postazione scomoda e quella postura innaturale a cui hai sottoposto i tuoi tendini – succede che qualcosa prende all’improvviso una piega nuova, e l’atteso diventa reale: addirittura migliore di quanto l’avessi immaginato! Nelle giornate migliori persino l’inatteso può manifestarsi come cura imprevista quanto gradita… Potenza e atto aristotelici, altro che!



Ma torno al topic di partenza: fotografare uccelli acquatici e limicoli. Non ne voglio parlare dal punto di vista tecnico-fotografico, perché se ne parla già tanto e spesso. Piuttosto da quello emotivo e più schiettamente naturalistico. Le foto a questi soggetti si fanno ovviamente da un punto di ripresa basso, il più basso possibile: vuol dire stesi a terra, proni. È una posizione scomoda e innaturale, soprattutto se bisogna alzare la testa per osservare nel mirino, il che mette sotto stress nuca, collo e schiena.

Ma… ma sei a 10 centimetri dal fango. Ne senti l’odore. Qualche volta ho usato una tenda mobile e mi sono posizionato su un isolotto al centro del lago… gli uccelli, dopo un po’, ritornano nel lago e sono intorno a te, alla tua stessa altezza (perché sei disteso), senti i loro movimenti nell’acqua, i richiami, il fruscio delle ali: è un po’ come avere lo stesso punto di vista dei tuoi soggetti. Ed è di per sé emozionante, anche se faticoso. Senza considerare la magia della luce sullo specchio d’acqua.

Devo dire che questa percezione emozionale dell’incontro è “umana” e terribilmente non-naturale. Almeno credo. Ma sono abbastanza convinto che la natura sia inconsapevole della sua bellezza. E che noi esaltiamo la bellezza della natura perché spesso fuggiamo dall’orrendo-umano. La questione è questa: quel Piro piro o quell’airone sono lì perché ci sono e il lago diventa dorato perché il sole è basso e le canne e le sponde del lago si riflettono con i loro colori riscaldati dalla luce radente. Sono, ci sono. Ma sanno di esserci?

Esserci conta per chi quella bellezza vuole incontrarla. La fotografia, non mi stanco di ripeterlo, viene sempre dopo. Ma anche prima. Nella preparazione, nello studio, nell’attesa. Nel mentre, per me c’è l’incontro. Scattare, in quel momento, diviene un tutt’uno: seguire il soggetto, comporre, controllare la MAF, senza pensare più… è di fatto un disperato tentativo di portare con sé un pezzetto di quella straordinaria bellezza che stai inalando e respirando… Quello scatto non è perfetto, anzi è pieno di difetti, ma in genere li vedo tutti dopo – anche se durante lo scatto percepisco spesso che qualcosa non sta girando come doveva, cerco di esserci comunque.


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1 commento su “Fango, luce, incontri: fotografare gli acquatici”

  1. inox basin della cucina acciaio

    formidabile ed eccezionale sito blog. Io in realtà voglio grazie, per averci offerto di gran lunga migliori dettagli.

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Foto di Piro piro culbianco (Tringa ochropus)