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Fotografia naturalistica: un genere non per persone normali

Inutile nascondersi. Inutile cercare di mentire. La fotografia naturalistica non è un genere per persone normali. Almeno fatta in un certo modo, che poi è per me l’unico possibile.

Conosco fotografi sedicenti naturalisti che fotografano un passeriforme a 40 metri, eseguono un ritaglio del 95%, postano su facebook e giù caterve di applausi e complimenti. Un po’ troppe iperboli, ma il concetto è quello…

Poi c’è la dura realtà di chi è naturalista prima che fotografo. I mesi di studio di un habitat o di un soggetto. L’attesa del momento giusto. L’appostamento… ecco parliamo dell’appostamento! Da tempo costruisco i miei appostamenti fissi in natura, per la fauna meno confidente. Significa sostanzialmente utilizzare quello che si trova sul posto, qualche telo al massimo e quindi, inutile dirlo, significa che l’appostamento non sarà né su cuscini di raso, né col climatizzatore a palla. Significa spesso dover stare fermi in posizioni per lo più innaturali. Se va bene si riesce a stare anche seduti. Quando voglio stare comodo uso la mia auto, che è un ottimo compromesso… se non ci sono 37 gradi fuori.

Ma non è questo il punto. Mesi di studio, attesa, appostamenti (al plurale), imbiancate. Le imbiancate sono direttamente proporzionali alla diffidenza ed elusività del soggetto. Ok… pettirosso con mangiatoia, foto assicurata. Mangiatoia significa anche avere buone opportunità per diversi soggetti, ma questo non significa comunque avere sicuramente buone foto.

Poi ci sono quei soggetti per i quali invece l’imbiancata è normale. I rapaci in primis. Ma i mammiferi spesso non sono da meno, anzi! Con le martore mi è capitato spesso…

Ora torno al principio del discorso: non è normale restare 4-5 ore senza fotografare nulla e poi pensare di tornare sperando che le cose cambino. Chiunque non sia motivato da qualcosa di molto più serio che postare su instagram la foto del giorno, preferirà il pettirosso in mangiatoia o il capanno a pagamento di qua o di là…

In alcuni anni di esperienza ho fatto il callo alle imbiancate. Me le aspetto come mi aspetto di svegliarmi ogni mattina. Insomma, non mi sconvolgono più di tanto. Tornare a casa senza foto è normale per me. E non ci bado tanto. Ripetiamo insieme: la fotografia naturalistica non è un genere per persone normali. Quindi non sono propriamente normale. E questo a casa me lo dicono spesso… Ma c’è una cosa che mi manda fuori di testa e per la quale non ho antidoto. Quando tu hai fatto la prima imbiancata. La seconda. La terza. Ormai pensi che quel soggetto non lo vedrai più. Eppure determinato ci riprovi. E poi quel giorno accade. Esattamente come avevi pensato che sarebbe accaduto. Ma! Ecco c’è il ma… arriva. Tu inquadri. Metti a fuoco. Stai per scattare… sbadapim! volato via… Qualcosa non l’hai calcolato bene. Ti ha visto.

Ecco, mi è successo con un adulto di Aquila reale. Soggetto nel mirino. Cuore a mille. Adrenalina fuori controllo. Zero foto. L’unica soluzione più indolore di tornare a casa a mani vuote, in casi simili, è vendere l’attrezzatura e farla finita. Ovviamente non ci ho pensato neppure per un secondo. Ma al pettirosso in mangiatoia sì…

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1 commento su “Fotografia naturalistica: un genere non per persone normali”

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